Do un'occhiata al mio piuttosto sintetico diario di viaggio, giusto per ricordare i punti chiave della mia ultima avventura newyorkese e raccontarla un po'.
E' stata la mia terza volta nella grande mela, in pochi mesi. La prima fu a Luglio 2001, da turista. Passai quindici giorni da sogno. La seconda volta fu in Ottobre 2001 ed ero andata a trovare il mio fidanzato. Il mio terzo soggiorno americano durò ben un mese, fino a metà dicembre.
Negli appunti scritti durante il volo di andata, annotavo:"In viaggio ormai da tante ore, comincio a risentirne. Ho voglia di camminare. In realtà cosa mi attende da questo viaggio non lo so. Se dico che non lo so, è la verità. Mi sento decisamente confusa su tutto. Vado per il mio fidanzato? per cercare lavoro? o forse per fare la turista? Non so".
Una cosa era certa: non avevo piu' lavoro in Italia. Quindi, perché no? Sono partita con un curriculum vitae raffazzonato all'ultimo momento in inglese (anche se in seguito il cv sarebbe andato solo in mani italiane).
Quel "non so" molto inquieto si è risolto in breve tempo in una dedizione alla causa lavoro senza requie. E il primo concetto che ho afferrato è stato di portare avanti una sola idea lavorativa e di non cercare lavoro alla rinfusa. L'America è votata alla specializzazione e una persona che "non sa" non viene presa sul serio. Nonostante io continui a non sapere e a dubitare parecchio, in realtà una cosa mi è chiara da tempo: scrivere mi piace molto e mi fa stare bene e l'idea di scrivere per mestiere è emozionante.
Decisi così di dare seguito a questo desiderio e di utilizzare tutte le mie energie verso quella meta. Cominciai un lavoro di pubbliche relazioni, di diplomazia, di persuasione e di comunicazione con tutti, o quasi, i giornalisti di quotidiani, settimanali, televisioni e Internet, che da New York lavorano per l'Italia.
Con nomi e numeri alla mano (recuperati da Internet), ogni mattina, di buon ora davo il via a svariate telefonate durante le quali e in forse circa 30 secondi, dovevo spiegare chi ero, cosa volevo e, se possibile, ottenere anche un appuntamento.
Senza dubbio la forza di persuasione e la capacità di comunicare non mi mancano e da molte persone che mi hanno ricevuto, ho ricevuto anche i complimenti per l'entusiasmo e l'energia dimostrata.
Ma, come scriveva nel 1908 Prezzolini (fondatore de "La Voce"): "Per vivere a New York bisogna avere molta energia". E, a dire il vero, ogni tanto la voglia di essere simpatica e fiduciosa scemava, anche perché l'esito del mio networking era scoraggiante.
Così, per non lasciare strade intentate, e senza allontanarmi troppo dalla mia idea principe, dopo aver contattato i numerosi corrispondenti di testate giornalistiche e televisive italiane, mi sono rivolta alle istituzioni classiche (Camera di Commercio, Istituto della Cultura Italiana, Food & Wine Insitute, ICE ...) presentandomi direttamente ai loro responsabili. Poi ancora ho contattato i vari dirigenti delle grandi società italiane a New York, nella speranza che il lavoro delle pubbliche relazioni potesse essere una via di mezzo tra aspettative e possibilità concrete.
Ovviamente nella fase acuta di recessione in cui io mi sono trovata a cercare spavaldamente lavoro, l'attività delle p.r. è risultata la prima a "saltare".
In quel mese avrò chiamato sicuramente un centinaio di persone, chiedendo il loro aiuto, ascoltando i loro suggerimenti e illuminandomi di fronte a qualche possibilità concreta. Potrei stilare un elenco molto divertente delle persone che ho incontrato. Alcune delle quali cordiali e disponibili, altre meno e forse un po' boriose.
Così succede che trovi una persona che solo perché sei della sua città natia, diventa quasi materna e, con il fare concreto dei newyorkesi, ti da le vere dritte.
E ancora, finalmente hai appuntamento con un "capo" che, estremamente educato e gentile, si incuriosisce al "tuo caso", scopre che forse sei in gamba e ti procura un colloquio quasi impossibile.
Oppure un altro super manager che, solo leggendo il tuo cv e con un intuito psicologico non da poco, decide di indicarti passo per passo il percorso da prendere (ma che tu, in realtà hai già intrapreso).
E poi, al contrario, ti tocca parlare con persone villane e arroganti che guardano l'orologio ogni due per tre o che non alzano nemmeno gli occhi per vedere con chi stanno parlando. Per non citare i "positive thinking" che sperano di intimorirti e scoraggiarti, elencandoti i problemi ovvi (vedi il visto!).
Cercare lavoro a New York non è uno scherzo. Bisogna armarsi di buon umore, di volontà, di pazienza, di sorrisi, oltre di una serenità economica di cui io non mi ero preoccupata molto. Perché quanto ci si mette a trovare lavoro e quanto si spende per mantenersi alla meno peggio. Ma comunque vada è un'esperienza unica.
Mi è anche capitato di chiedere consiglio su come muovermi nella grande mela al responsabile di una grande radio italiana a New York e di essermi ritrovata, dopo pochi istanti, in diretta radiofonica in tutta Italia a parlare di me, della mia ricerca di lavoro e della bellezza di New York (aggiunta del webmaster: la radio era Radio 105, in diretta da NY da lunedì a venerdì, e Penelope è stata intervistata da Stefano Spadoni, che tra l'altro è anche autore di due libri su NY). Solo a New York succedono queste cose! Ed è grazie a quei minuti di radio che sto scrivendo su questo sito.
Che dire, alla fine io un lavoro l'avrei anche trovato. In realtà lo trovai dopo pochissimi giorni dal mio arrivo. "Accortami", infatti, che non avevo una Lira (oggi Euro), scrissi al capo del sito www.Affaritaliani.it (per cui avevo lavorato già prima) e gli chiesi se era interessato a qualche notizia sui trend di New York. "Certo", mi disse. Del resto le notizie di costume e delle mode provenienti dalla grande mela interessano sempre tutti.
Cominciai per gioco, per l'occasione di un soggiorno prolungato, ma è diventato un lavoro!
giovedì 1 novembre 2007
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